Il Ké-Bar e altri progetti di cucina e agricoltura.
Così l’associazione La Bottega dei Semplici Pensieri forma i ragazzi con sindrome di down e lievi ritardi mentali.
Giornalista, napoletana, Emanuela Capuano è tra i collaboratori dell’associazione La Bottega dei Semplici Pensieri di Quarto, in provincia di Napoli, che ha dato vita al Ké-Bar di Pozzuoli, gestito da ragazzi con sindrome di down e lievi ritardi mentali.
- Perché nasce la Bottega dei Semplici Pensieri? «Nel 2012 alcuni genitori non volevano i figli disabili parcheggiati in una scuola qualsiasi, ma un percorso terapeutico e professionale che ne garantisse un futuro dignitoso e un’integrazione concreta».
- Come funziona il Ké-Bar? «E’ all’interno della Multicenter School, serve docenti e studenti ed è gestito completamente dai ragazzi, con la supervisione di un tutor».
- Quanti ragazzi impegna l’associazione? «Una ventina dai 20 ai 26 anni d’età: il periodo migliore per formarli e avviarli ad attività esterne in base alle singole capacità. Tre dei nostri ragazzi lavorano già in comuni bar, grazie al finanziamento di Garanzia Giovani. Roberto, uno di loro, è così apprezzato dal titolare che stiamo cercando il modo di agevolarne l’assunzione definitiva».
- Oltre Ké-Bar l’associazione sviluppa altri progetti? «A fine mese, con un evento a Nola, si conclude Semplicemente chef: sei nostri ragazzi, con l’aiuto di uno chef, hanno imparato a cucinare tre piatti con i quali si sfideranno con altri ragazzi disabili preparati da Istituti alberghieri di Napoli. In palio stage in ristoranti e locali della zona. Raccogliendo mi Trasformo, realizzato con contadini locali e la facoltà di agraria della ‘Federico II’, sta insegnando ai ragazzi la coltivazione, la raccolta e la trasformazione di alcuni prodotti della terra. Questo progetto si può finanziare direttamente tramite la piattaforma www.meridonare.it/progetto/raccogliendo-mi-trasformo».
- Un sogno nel cassetto? «Disporre di un centro di formazione vero e proprio, dove poter realizzare anche eventi e attività di ristorazione che rendano l’associazione e i ragazzi del tutto autonomi anche economicamente».
Articolo di Barbara Autuori – fonte Nuovo Consumo, aprile 2017