Non sembrano esserci dubbi sulla capacità dello zafferano di far tornare il sorriso, come spiega lo psichiatra Enrico Smeraldi, già professore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
- «Lo zafferano era già usato nel Medioevo per combattere la depressione, ma nell’epoca moderna l’avvento dei farmaci antidepressivi e dell’elettroshock ce lo hanno fatto un po’ dimenticare.
- Circa quarant’anni fa gli iraniani, che sono i più grandi produttori di zafferano al mondo, hanno condotto alcuni studi scientifici a riguardo, ma i risultati non si sono diffusi nella comunità scientifica occidentale. Noi del San Raffaele abbiamo ripreso questa linea di ricerca e abbiamo provato a sperimentare la spezia in due studi specifici».
La prima sperimentazione, condotta su una cinquantina di pazienti colpiti da depressione, ha dimostrato che lo zafferano può essere assunto come integratore insieme ai tradizionali farmaci antidepressivi: potenziandone l’effetto permette di ridurne il dosaggio, abbassando il rischio di effetti collaterali.
Alla luce di questi risultati, racconta Smeraldi, «abbiamo provato a usare lo zafferano anche in pazienti che non erano depressi, ma affetti da malattie organiche (come l’artrosi o la fibromialgia) che presentano una componente depressiva».
L’estratto di zafferano ad alta concentrazione è stato dunque unito alla di vitamina E, dotata di una potente azione antiossidante: insieme «hanno riscosso un grande successo, aprendo la strada all’uso dello zafferano anche al di fuori dell’ambiente psichiatrico».
Fonte: tratto da un articolo di Elisia Buron, su Ok Salute e Benessere, marzo 2017 – tratto dal blog Alimentazione Sana