Da sempre l’uomo ha visto l’esistenza di un legame fra prestazioni atletiche e alimentazione. In questo articolo ne parla il Dottor Lorenzo Corsi, biologo nutrizionista di Carrara…
È noto che gli antichi Romani e Greci si sottoponevano a regimi alimentari molto particolari con l’intenzione di incrementare le proprie capacità atletiche cadendo però in grossolani errori.
Si racconta che un certo Carnis si nutrisse solo di fichi secchi, Milo di Crotone mangiava esclusivamente carne, pane e vino.
Solo molto recentemente le conoscenze biochimiche hanno evidenziato e definito chiaramente i cicli metabolici che permettono al muscolo di impiegare molecole di origine alimentare da cui trarre energia ed è con l’applicazione dei risultati della ricerca scientifica che possiamo definitivamente abbandonare l’empirismo che troppo spesso ha condizionato il mondo dello sport.
Gli atleti necessitano di una alimentazione che deve far fronte all’eventuale aumento dei bisogni nutritivi ed energetici e la personalizzazione del programma alimentare è estremamente importante.
Ma soltanto dopo una attenta e scrupolosa valutazione delle reali esigenze, sarà possibile fornire quelle indicazioni essenziali ad impostare un lavoro di programmazione agonistica o amatoriale.
Fra gli errori che si commettono nel campo della nutrizione dello sport, quello della trasposizione dei risultati di studi ottenuti su atleti di alto livello a tutti gli altri sportivi è il più comune.
Lo studio e i risultati ottenuti in laboratorio e in condizioni controllate devono essere correttamente interpretati e adattati alle singole realtà individuali.
Da un punto di vista nutrizionale il periodo di preparazione ad una competizione dovrebbe essere distinto in almeno tre fasi e solo nelle specialità la cui durata è superiore all’ora si rende necessario programmare l’assunzione di alimenti durante la competizione o il singolo allenamento.
Durante la fase di allenamento, l’atleta dovrebbe essere considerato come un soggetto che, rispetto ad un individuo sedentario, ha bisogno di un apporto energetico e nutrizionale maggiore, giustificato solo dal tipo di lavoro fisico a cui è sottoposto.
Ma solo con la conoscenza delle risposte individuali a variazioni del regime alimentare sarà possibile pianificare opportunamente la riduzione del peso, quando necessario, in vista della competizione.
Una volta stabilità una razione alimentare giornaliera, questa dovrà poi essere opportunamente distribuita nella giornata in funzione degli orari di allenamento e delle altre necessità dell’atleta (impegni familiari, lavorativi, studio).
L’alimentazione che precede la gara dovrà contribuire a garantire all’atleta il mantenimento della forma fisica raggiunta nel periodo precedente.
In questa fase non è possibile migliorare la prestazione ricorrendo a cibi particolari e gli errori, frequentemente commessi nella settimana prima della competizione, possono facilmente compromette e vanificare l’intera preparazione.
L’alimentazione dopo la gara o l’allenamento, dovrebbe essere finalizzata al reintegro delle perdite idriche e saline, alla correzione dell’acidosi metabolica e alla eliminazione delle scorie metaboliche prodotte.
Poiché gli atleti devono disporre di cospicue riserve di glicogeno muscolare durante il lavoro fisico, dopo l’allenamento o la competizione è necessario garantire adeguate quantità di carboidrati per favorirne la rapida risintesi, soprattutto in occasione di impegni agonistici o allenamenti molto ravvicinati.
In condizioni normali, successivamente a un esercizio fisico intenso, le scorte di glicogeno muscolare sono ripristinate dopo circa 20 ore, pertanto la scelta dei tempi e delle modalità di assunzione dei carboidrati più adatti in questa delicata fase è determinante.
La velocità di risintesi del glicogeno muscolare è maggiore nelle 2 ore successive alla fine dell’allenamento e decresce con il passare del tempo.
È quindi opportuno far assumere all’atleta un grammo di glucosio per chilogrammo di peso corporeo immediatamente dopo l’attività sportiva, ulteriori apporti glucidici sono necessari nelle ore successive.
La gestione dell’alimentazione negli sport dove il controllo del peso rappresenta un fattore determinante per la riuscita delle prestazioni, può essere a volte problematica.
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso la presenza di disturbi del comportamento alimentare (DCA) nelle atlete. Il problema sembra affliggere maggiormente gli sport in cui il controllo del peso rappresenta un fattore determinante per la riuscita delle prestazioni.
In molte attività (salto con gli sci, ciclismo su strada, arrampicata, ginnastica acrobatica femminile, ginnastica ritmica e corsa nella lunga distanza) le prestazioni fisiche sono determinate non solo dalle abilità degli atleti ma anche da un peso basso.
Questi atleti, con la speranza di mantenere una ridotta quantità di grasso corporeo, limitano l’assunzione di energia ed elevano l’intensità degli allenamenti, trascurando il fatto che una restrizione prolungata di energia può comportare diversi disturbi metabolici ed endocrini.
In ogni caso, le conseguenze di una alimentazione inadeguata rispetto ai bisogni sono inevitabili e pericolose per la salute psicofisica.
Un importante ruolo per la prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare in ambito sportivo, può essere esercitato dall’allenatore o dalle altre figure professionali che gravitano intorno agli atleti.
La loro posizione particolarmente privilegiata, li pone nella condizione di poter cogliere alcuni segni premonitori da far sospettare la predisposizione o la comparsa di un DCA, soprattutto nelle giovani atlete in cui normali pattern di crescita che prevedono la deposizione del grasso in certi distretti corporei (glutei e cosce), vengono vissuti dalle ragazze come un ostacolo alla prestazione sportiva.
Mancando di questa attenzione, si può correre il rischio di spingere soggetti predisposti o vulnerabili e che cercano nella pratica sportiva un ambiente che “sostenga” un loro disturbo preesistente, a ridurre eccessivamente il peso, rischiando così di innescare dinamiche complesse che possono condurre a un vero e proprio disturbo della condotta alimentare.
La possibilità di individuare i limiti oltre i quali si presenta il rischio di compromettere seriamente la propria condizione psicofisica, consentirà di godere solo dei vantaggi e dei benefici che l’attività fisica, praticata correttamente, con regolarità e associata ad una alimentazione equilibrata, comporta.
Lorenzo Corsi, biologo nutrizionista
«Modificare l’alimentazione è come intraprendere un viaggio. In alcuni casi può essere lungo e pieno di insidie che dobbiamo imparare a gestire. Ma, prima ancora, è necessario capire in quale direzione muovere i primi passi».
Lorenzo è un caro amico, un biologo nutrizionista serio e preparato di Carrara (abitiamo nella stessa città). Contattalo con fiducia, ti aiuterà a capire quale direzione prendere e come muoverei i primi passi.
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