La nutrizionista Roberta Martinoli: «La paura del fallimento è prima di tutto paura del giudizio. Ci costruiamo un’opinione di noi stessi basandoci in gran parte sul giudizio degli altri»!

La Dottoressa Roberta Martinoli

Oggi, a darci la sua personale “ricetta” sul fallimento e la paura ad esso collegata, ho invitato una nutrizionista importante: la Dottoressa Roberta Martinoli.

  • Una donna “in gamba”, di quelle che si rimboccano le maniche e si danno da fare (proprio come piace a me).

Ho il piacere di conoscere la Dottoressa Martinoli già da qualche anno. Sino ad oggi la conoscevo per i suoi ottimi consigli nutrizionali e dietetici che dispensa in rete su molti blog e portali tematici (a fine intervista trovi i siti dove Roberta scrive).

Le sue risposte mi hanno piacevolmente stupito, perché emerge il lato umano del medico, e le danno quell’aria da persona semplice, così alla portata di mano (quale, del resto, è veramente, poiché io la conosco).

Ma scopriamo cosa ci ha raccontato sulla paura di fallire degli esseri umani…

 

D. Che cos’è il fallimento per Roberta Martinoli?

Fallor ergo sum” diceva Sant’Agostino, “Sbaglio dunque sono” e questo potrebbe essere benissimo il mio motto. I miei errori sono in gran parte legati al mio modo di percepire la realtà e descrivono la mia personalità molto meglio di quanto non facciano i miei successi. Ciò nonostante io non mi identifico mai con i miei errori.

  • Il concetto del fallimento ci viene insegnato a scuola molto meglio di quanto non ci venga insegnata la matematica purtroppo. Fallire non è la via attraverso la quale migliorarsi, questo sembrano dirci gli insegnanti, ma è semplicemente un brutto voto! I brutti voti e i giudizi negativo non aumentano la nostra autostima, ci fanno invece sentire sbagliati, diversi, meno dotati degli altri.

Lo considero un errore metodologico del nostro sistema scolastico. Di fatto si reagisce a simili esperienze cercando di diventare i primi della classe oppure non assumendosi particolari rischi per paura del fallimento. Se fallire implica l’essere sottoposti ad un giudizio negativo e se ci si identifica con l’opinione che gli altri hanno di noi fallire significa “essere sbagliati”. Con una convinzione così limitante si finisce con il vivere una vita triste non riuscendo ad esprimere a pieno le proprie potenzialità, oppure al contrario si vive nell’ossessione della perfezione.

  • Mi sono liberata da questi pensieri tanti anni fa perché finché ero bambina la mia strategia è stata quella di diventare la prima della classe. Ora per me il fallimento è uno dei più fini organi di senso, attraverso il fallimento possiamo esplorare il nostro mondo interiore e il mondo esterno riuscendo ad avere una percezione più corretta di quella che ci siamo fantasiosamente raffigurati. Dunque fallire è il modo migliore di stare al mondo.

L’antidoto più potente contro gli effetti collaterali del fallimento (quel vago senso di sconforto, quel dirsi “E adesso cosa penseranno gli altri di me” o “Saranno contenti quelli a cui sto antipatica” oppure ancora “Non ce la faccio a trovare un’altra soluzione”) è quella di attribuirsi due doti.

  • Io mi dico ad esempio: “Ho voluto fare questa cosa, obiettivamente non mi è riuscita bene ma l’ho affrontata con gentilezza e coraggio, il che significa che ho rispettato gli altri, non sono diventata isterica nel tentativo di raggiungere il mio obiettivo, non ho sacrificato la mia famiglia ed in particolare i miei bambini e che ho fatto tutto con grande coraggio. Alla fine del fallimento ho imparato qualcosa di prezioso che mi sarà utile per la prossima impresa”.

 

D. Perché le persone hanno così tanta paura del fallimento?

La paura del fallimento è prima di tutto paura del giudizio. Ci costruiamo un’opinione di noi stessi basandoci in gran parte sul giudizio degli altri. Così finiamo col fare come quei chirurghi che rifiutano i “casi difficili” in modo da poter dire alla fine della loro carriera che nessuno è morto come conseguenza del loro intervento!

  • Parafrasando una nota pubblicità potremmo dire che alla gran parte delle persone “piace vincere facile”. Ci sono però anche quelli a cui peserebbe dover dire ad un certo punto della loro vita “Se solo avessi …”. “Se solo avessi avuto il coraggio di iscrivermi a quel corso, di accettare quel lavoro, di sposare quella persona, di fare un figlio, di trasferirmi in un’altra città, di esprimere il mio parere …”.

Se si ha paura del fallimento basta pensare a quanto potrebbe essere pesante sostenere il peso del rimpianto, si prende allora coraggio e ci si butta allegramente nell’impresa! Questo capita a me.

 

Il grande Pablo Picasso

D. Hai mai fallito in vita tua? Se sì, che cosa ti hanno insegnato i fallimenti che hai fatto?

Caro Giancarlo, ho fallito tante volte e in tutti i campi della vita. In un’epoca fatta di ricerca dell’efficienza, di progettualità e programmazione io sono spesso all’antitesi. Come diceva Pablo Picasso “Comincio con un’idea e poi diventa un’altra cosa”. Probabilmente questo è uno dei motivi per cui fallisco.

  • Con gli anni ho imparato ad organizzare al meglio i tempi, a programmare. Anche se cerco di farlo con equilibrio (non alla Furio di Carlo Verdone per intenderci) perché tra le altre cose ho imparato che la programmazione è la tomba della creatività e il mio è un lavoro creativo.

Programmo per sopravvivere ai tanti impegni poi però mi lascio il mio spazio di libertà: è uno spazio mentale in cui comincio a far girare un pensiero, un’idea, un progetto … potrebbe essere semplicemente anche il desiderio di approfondire un argomento.

La cosa magica che succede dal momento in cui creo questo spazio virtuale è che le risposte arrivano spontaneamente dal mondo esterno … la telefonata di un amico/collega, l’articolo sulla rivista a cui sono abbonata, il programma televisivo su cui ti sintonizzi per puro caso, finiscono casualmente per avere tutti a che fare con il mio pensiero. La trovo una cosa molto interessante ed innegabilmente utile.

  • Così a volte, quando mi sento bloccata riguardo ad una questione mi dico: “Che cosa servirebbe per risolvere questo problema?” ma non mi do una risposta, vado a dormire con questa domanda in testa e la risposta arriva (vedi nota in fondo all’intervista).

Sembrano vaneggiamenti di una persona folle ma il punto è che dai tanti fallimenti ho imparato che il concetto del fallimento è relativo, quello che oggi consideriamo un fallimento potrebbe trasformarsi in un’opportunità. Così nel mio caso se fossi riuscita a diventare una ricercatrice ora mi starei occupando dei polimorfismi genetici del girasole e non avrei avuto alcuna necessità/interesse di studiare altro. Ma studiare altro è una cosa che mi è piaciuta tantissimo e che porta con sé altre opportunità.

La cosa più importante in assoluto è l’idea e la passione per poterla realizzare.

Dall’inizio sappiamo che non possiamo avere tutte le risposte alle numerose domande che incontreremo lungo il percorso. Non si possono avere perché la nostra visione del mondo è parziale ed artefatta. Allora la cosa migliore da fare è restare nella domanda e attivare tutti i nostri sensi in attesa della risposta che arriverà puntuale. Queste riflessioni le ritrovo in una canzone di Jovannotti… quella che dice:

Mi butto, mi getto, tra le braccia del vento, con le mani ci faccio una vela e tutti i sensi li sento più accessi, più vivi come se fosse un’antenna sul tetto che riceve segnali da un mondo perfetto.”

Allenarmi a ricevere segnali da un mondo perfetto è la cosa più importante che ho imparato dai miei fallimenti!

 

D. Qual è stato il tuo fallimento più “fallimentare”?

La mia visione da bambina non si è ancora realizzata e non si realizzerà mai. Immaginavo e non faccio fatica ad immaginarlo ancora una realtà stile Campus Universitario Americano, lavorare ad un importante progetto di ricerca, l’accesso ad una biblioteca piena di libri (l’immagine di un’enorme stanza con le pareti tappezzate di libri è così vivida da farmi pensare di esserci stata), colleghi simpatici e geniali, una vita sociale piena, una famiglia meravigliosa (questa è la parte del sogno che si è realizzata).

  • Ho studiato tanto da subito, forse troppo e non ci sono riuscita. Forse non ci ho creduto abbastanza, forse semplicemente ad un certo punto della mia vita ho dimenticato il sogno, sicuramente non ho programmato abbastanza.

Le scuse per giustificare il mio insuccesso me le racconto tante anche io. Se lascio fluire liberamente i miei pensieri su questo argomento si attiva una spirale che mi porta alla fine ad ammettere: “Che vuoi farci Roberta, non sei un genio! Volevi fare una carriera alla Watson e Crick ma non tutti nascono per diventare scienziati”. È un modo per scavarmi la fossa.

Da un po’ invece mi dico di avere grandi potenzialità, grandi passino e buone idee … ma poco tempo a disposizione. Suona anche questa come una bella scusa!

 

D. Perché non bisogna avere paura di fallire: il consiglio di Roberta Martinoli.

Se ci si concede di aver paura di fallire meglio sarebbe dare in affitto mente e corpo a qualcuno disposto a farne un uso migliore.

  • Avere paura di fallire è come dirsi di non voler vivere… e come la mettiamo poi con il senso di frustrazione che potrebbe derivare dal rimpianto delle cose non fatte, delle imprese non affrontate, dei bambini mai nati. Se avessi una medaglia per ogni mio fallimento le porterei tutte con grande orgoglio!

 

Parliamo di te: a cosa stai lavorando ultimamente?

Bene, ci sono tantissimi progetti ed idee per i mesi che seguiranno. Tra gli altri anche il libro che abbiamo deciso di scrivere assieme e che ha come argomento la gestione del peso corporeo. Tu Giancarlo hai finito da un pezzo, a me da un pezzo manca l’ultimo capitolo!

  • Quest’anno terminerò il percorso triennale in Omeopatia ed Omotossicologia; ad ottobre inizierò la Scuola quadriennale in Medicina Estetica di Bartoletti, sto lavorando assieme ad una mia amica scrittrice ad un libro per bambini sulla nutrizione e poi ci sono i tanti progetti da realizzare con i colleghi della Biofisimed.

Una giostra di impegni che mi fa sentire stanca la sera quando vado a letto e che mi fa alzare felice la mattina!

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Letta tutta l’intervista alla Dottoressa Martinoli? Bene, ti invito a leggerla e rileggerla più volte, perché nel tempo saprà esserti utile e ti farà capire che nella vita si può anche fallire, ma bisogna sempre dare spazio ai propri sogni…

Grazie Roby! Un abbraccio e l’auspicio che tutti i tuoi progetti possano prendere quanto prima forma.

GF

Nota: in alcuni passaggi, il riferimento alla Legge di Attrazione è troppo forte!!!

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La Dottoressa Roberta Martinoli è sposata ed ha due bimbi. È una donna molto attiva: le piace sempre tanto studiare e fare sport, e svolge con passione la sua professione.

Torvi i sui interessanti articoli su:

Per contattare la Dottoressa Martinoli:

 

CoachDonne

Toscano, nato a Carrara 59 anni fa. Ex marketer dei servizi, dal 1999 si occupa esclusivamente di crescita personale. Conosciuto in rete come "Il Coach delle Donne" per la sua grande esperienza di lavoro con l'Universo Femminile. Da oltre tredici anni aiuta le donne atlete agoniste e le giovani promesse dello sport a vincere. Nello sport, come nella vita...

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