Sigmund Freud nel presentare le teorie sulla psicoanalisi era solito citare il caso della giovane Anna.
Soffriva di vari disturbi tra cui l’idrofobia, vale a dire l’incapacità di bere.
In una delle periodiche sedute di ipnosi cui si sottoponeva, la ragazza si sfogò esprimendo il suo disgusto per quanto le era accaduto da bambina quando vide il cane della sua balia bere da un bicchiere.
Di questa circostanza non parlò con nessuno per non venire meno alle regole della cortesia.
Raccontato questo fatto, si svegliò dalla seduta e non ebbe più difficoltà a bere.
Meccanismi d’azione
Attraverso l’ipnosi alcuni disturbi scompaiono completamente mentre altri riemergono dopo un certo lasso di tempo.
Gli insegnamenti generali che si possono trarre dal caso di Anna sono che esistono sentimenti non espressi che condizionano il comportamento.
Zavorre che spesso ci portiamo dietro fin dall’infanzia e che possono essere alleggerite o eliminate attraverso l’alterazione dello stato di coscienza, dovuta all’ipnosi.
Potremmo definirli come sentimenti parassiti che vivono in noi a spese delle nostre energie emotive e che ci costringono a condotte non produttive.
Come tutte le terapie, l’ipnosi deve essere praticata con l’ausilio di professionisti accreditati, vale a dire medici o psicologi.
Un bell’articolo di Massimo Selleri – Fonte: La Nazione, 1/02/15
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