Spesso mi contattano persone di estrazione sociale e sesso molto diverse, per chiedermi tutte la stessa cosa: se la loro bassa autostima sia colpa dei genitori.
Premetto subito, come mia buona abitudine, che non sono uno psicologo e neppure uno psicoterapeuta. In un’Italia in cui molti si spacciano per “qualcun altro”, essere limpidi e trasparenti è, a mio avviso, un punto di forza.
Se pensi che possa avere qualche esperienza in materia e, magari, darti qualche utile consiglio, continua a leggere. Altrimenti chiudi il post e dedica il tuo tempo ad altro.
Fatta questa doverosa premessa, senza voler colpevolizzare nessuno, proviamo a fare un po’ di chiarezza. Pronta?
Certamente, entrambi i genitori, hanno un ruolo importante nella formazione dell’autostima del proprio figlio. Sottolineo entrambi i genitori. Poiché i genitori, insieme, possono fare un lavoro straordinario con l’autostima e la motivazione del bambino.
In che modo i genitori possono aumentare l’autostima nel bambino?
Ho scritto dimostrandogli amore, poiché spesso, le sole parole, non bastano.
Françoise Dolto, la grande pediatra e psicoanalista infantile francese, scrive nel suo libro “Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo“:
«Non che i genitori non amino i loro figli, ma, presi dai problemi della loro esistenza, non li comprendono, non sanno o non vogliono pensare alle difficoltà psichiche dei primi anni dei loro figli e delle loro figlie, che, fin dalle prime ore di vita, sono portatori di comunicazione e di desiderio, esseri che hanno bisogno di sicurezza, d’amore, di gioia e di parole più ancora che di cure materiali o d’igiene alimentare e fisica.»…
Pur essendo un libro di ben 498 pagine, l’ho letto due volte. Semplicemente straordinario.
Il problema è che noi genitori e, soprattutto noi papà, (mi ci metto dentro per primo, avendo due ragazzi ormai adulti), siamo troppo impegnati a portare a casa la famosa “pagnotta” e spesso siamo troppo stanchi per ascoltare i nostri bambini e dar loro la giusta attenzione.
In molti casi, all’origine di esperienze relazionali che minano l’autostima del bambino o dell’adolescente, ci sono tematiche difficili da affrontare per un genitore.
Come, per esempio:
A volte, dunque, una scarsa autostima del bambino può essere colpa dei genitori. Poiché un’infanzia difficile può essere la principale causa delle debolezze che lo stesso bambino, svilupperà da adolescente prima e da adulto poi.
Ma allora, la scarsa autostima è tutta colpa dei genitori? È sempre solo colpa dei genitori?
La mia risposta è NO!
Come già scritto, i genitori hanno la loro buona dose di colpe, ma personalmente credo che influiscano nella scarsa autostima del bambino anche altre variabili.
Dunque, quali sono le altre variabili che possono influenzare l’autostima?
La scuola è quella che io ritengo il secondo caposaldo nella creazione di autostima del bambino (dopo la famiglia). Un bambino passa in genere una media di 13 anni nel sistema scolastico (senza voler tener conto del corso di laurea, non da tutti perseguito).
Purtroppo il sistema scolastico italiano non insegna a creare l’autostima nel bambino prima e nell’adolescente poi. Anzi, in molti casi la destabilizza. Per almeno due motivi:
Per molti anni della mia vita – forse più di dieci – ho avuto l’onore e il piacere di insegnare nella Terza Area (una sorta di area professionalizzante dove i professionisti trasferivano le loro conoscenze ai ragazzi) di alcuni Istituti Superiori della Provincia di Massa Carrara.
Ho insegnato marketing e comunicazione nelle classi 4° e 5° dell’Einaudi a Carrara, dell’Einaudi ad Aulla, del Salvetti a Massa e dell’Alberghiero a Marina di Massa.
Non ricordo più con quante classi e con quanti ragazzi e ragazze ho fatto formazione, ma ricordo sempre, molto bene, che alla fine delle mie lezioni molti di loro si fermavano in aula a parlare con me dei loro problemi.
Non che io fossi più bravo degli insegnanti di ruolo di quegli istituti, è solo che io facevo una cosa che la maggior parte di loro non faceva mai: li ascoltavo.
Posso essere accusato di non essere laureato. Di non essere stato un docente di ruolo. Di non conoscere bene le dinamiche della scuola pubblica. Ma nessuno può dirmi di non aver avuto esperienza di insegnamento con i ragazzi.
Proprio da queste mie esperienze nascono le mie convinzioni.
Dall’aver conosciuto, personalmente, decine e decine di insegnanti che pur bravi, non sapevano relazionarsi con i ragazzi. Ed erano gli stessi ragazzi a dirmelo, a confidarmelo.
Ovviamente sono consapevole che esistono in Italia migliaia di insegnanti “illuminati” (come li chiamo simpaticamente io) che non si limitano a trasferire sapere, conoscenze. Ma mettono passione ed entusiasmo quando insegnano. Si sforzano di capire i ragazzi e di comunicare con loro.
Bene. Questo tipo di insegnante è in grado di aiutare il bambino o l’adolescente a rafforzare la propria autostima. Questo tipo di insegnante è in grado di fare un gran bel lavoro sull’autostima e la motivazione dello studente.
Ma sono pochi. Ancora troppo pochi rispetto all’enorme massa di insegnanti “vecchia maniera” che abbiamo ancora in Italia. Dove conta molto di più finire il programma ministeriale piuttosto che sforzarsi di ascoltare e comprendere i ragazzi.
Infine, permettimi di non essere in sintonia neppure sul metodo d’insegnamento nella scuola italiana: dare un brutto voto e punire per un errore è profondamente sbagliato.
Ti lascio con una riflessione: se non mi permetti di sbagliare a scuola, il luogo deputato all’apprendimento, mi spieghi dove poi potrò sbagliare senza avere ripercussioni nella vita?
Crescerò con la paura di sbagliare, di commettere degli errori e, molto probabilmente, non tenterò mai di uscire dalla mia zona di comfort (la famosa area di agio delle persone) perché mi è stato insegnato che se poi sbaglio, ne pago le conseguenze. Dunque, perché rischiare?
Guarda che l’apprendimento passa anche e soprattutto dallo sbaglio. Dall’errore.
A scuola dovrebbe essermi permesso di sbagliare liberamente, senza punirmi con brutti voti. Semmai mi si dovrebbe spiegare dove ho sbagliato. (Ri)spiegarmi il processo con un linguaggio e modi diversi (rispetto alla volta precedente) e sincerarsi che questa volta lo abbia capito.
Ma, ovviamente, questo percorso è troppo faticoso. Per chi? Prova a immaginarlo…
Una scuola come l’ho appena dipinta, trasferirebbe agli studenti, oltre che le conoscenze e le competenze necessarie, anche un sistema di credenze e di convinzioni positive che lo stesso studente potrebbe poi usare nel corso della sua vita.
Credere in se stessi e in quello che si fa, non solo spinge all’azione, ma ne condiziona i risultati: se agisci in modo convinto e propositivo è più probabile che tu riesca in ciò che ti sei prefissato.
Ecco perché chi è sicuro di sé, spesso, ha successo. Altresì, ecco perché chi ha una bassa autostima, spesso si considera (erroneamente) un fallito.
Che straordinaria scuola sarebbe. Non è vero?
Abbiamo poi la personalità del bambino e, a seguire, dell’adolescente.
Ci sono bambini che, fin dalla nascita, sono più indipendenti e sicuri ed altri che, invece, hanno molto più bisogno delle rassicurazioni dei genitori e delle loro attenzioni. Ciò dipende dalla fiducia nelle proprie capacità e la fiducia nelle proprie capacità, dipende spesso dalla personalità del bambino.
L’Autostima è l’insieme delle percezioni che il bambino o l’adolescente ha di se stesso: come si vede (bello o brutto), come si sente (importante o una nullità), come si ascolta (il famoso dialogo interno, le cose che si dice).
Pertanto l’Autostima è formata principalmente da come il bambino si percepisce, ma anche dalle convinzioni e dalle credenze che si sta creando nel corso della sua vita. In seguito alle esperienze che vive direttamente e, soprattutto, all’interpretazione che da alle stesse.
Lo psicologo e scrittore messicano Eric De La Parra Paz, nel suo bel libro “Guida per genitori: PNL per bambini“, afferma:
«Se volete sapere che tipo di persona sarà vostro figlio da adulto, ponetevi questa domanda: che cosa pensa mio figlio di se stesso? Non importa quello che pensate voi di lui, né l’opinione dei parenti o degli insegnanti, ma soltanto l’idea che lui ha di se stesso.».
Possiamo dunque affermare che l’autostima è una conseguenza del giudizio che il bambino ha sul proprio valore. Ha su se stesso.
Nuovamente contribuiscono a distruggere l’autostima del bambino – seppur inconsciamente – i genitori. Quando gli stessi ripetono ai propri figli affermazioni come “sei il solito stupido”, “non imparerai mai nulla di nuovo” ed ancora, “guarda che pancia che hai, mangia di meno”, con i loro giudizi negativi stanno lavorando sulle convinzioni del bambino.
Dobbiamo sempre tener conto che per un bambino o per un adolescente, certi giudizi pesano come macigni. Per i genitori sono “solamente” delle parole, ma per loro no. A quelle “normali” parole danno un peso maggiore.
Dunque, sembrerebbe, nuovamente, che la scarsa autostima sia solo colpa dei genitori. Ma qui entra in gioco l’epigenetica che ci aiuta a riflettere e ad allargare la visione.
«Hai ereditato il tuo modo di pensare, così come il colore degli occhi. Forse non puoi cambiare il colore, ma puoi cambiare modo di pensare!»…
Giancarlo Fornei
Devi sapere che quando nasciamo, ereditiamo moltissime cose dai nostri genitori. Spesso il colore degli occhi o dei capelli. Talvolta buone abitudini come essere puntuali o precisi. Altre volte cattive abitudini come bere, fumare, mangiare male, non fare sport, e molto altro ancora.
Per l’esattezza, viste le recenti scoperte sull’epigenetica (una branca della genetica), sarebbe più corretto affermare che noi ereditiamo dai nostri genitori certi geni, ma con i geni, ereditiamo anche una sorta di “invito” a usarli o non usarli.
Ciò significa che saranno i nostri comportamenti (e i fattori ambientali) a far sì che tali geni si attivino e dunque si accendino, o restino spenti e dunque inoperosi.
A sua volta, significa anche che se abbiamo ereditato dei geni e alcuni di essi si sono attivati, per esempio il colore degli occhi, non sta “scritto” da nessuna parte che si attiveranno tutti o dobbiamo attivarli noi per forza.
Così come non è vero che non possiamo cambiare il nostro modo di pensare.
Quel modo di pensare che papà e mamma ci hanno lasciato in eredità, ma che non ci piace. Ci crea disagio, ci mette in difficoltà. Ci regala solo problemi e ci fa stare male.
Se non ci piace, fortunatamente possiamo cambiare il nostro modo di pensare. Fortunatamente anche tu puoi cambiare il tuo modo di pensare.
Anche il bambino, diventato prima adolescente e poi adulto, potrà cambiare il proprio modo di pensare e le proprie convinzioni.
Possiamo cambiare il nostro modo di pensare perché, lo ripeto: siamo noi stessi ad attivare o tenere spenti questi geni.
Qui entrano in gioco le nostre convinzioni più profonde. Qui le convinzioni possono fare la differenza. Ed è sempre qui che le convinzioni possono aiutarci a cambiare quel modo di pensare che non ci piace.
Abbiamo due strade davanti a noi da percorrere. Una positiva e l’altra negativa. Quale scegliere?
Strada n°1.
Strada n°2.
Come noti non è solo una questione di geni, bensì anche di scelte (fortunatamente),
Il bambino prima, l’adolescente poi e infine l’adulto, può e potrà modificare le proprie convinzioni insieme alla capacità di apprendere e modificare i fatti che lo porteranno a sviluppare il suo carattere. A modificare il suo modo di pensare e, con esso, anche come percepisce le cose intorno a se.
Gli eventi della vita.
Ricorda: geni o non geni, il bambino (fortunatamente) una volta diventato adulto, ha il potere di cambiare i suoi pensieri. Per esperienza diretta so che non è facile rompere gli schemi mentali in cui ci imprigionano gli altri. In questo caso, i genitori. Ma è possibile.
In chiusura di questo lungo articolo, proviamo a fare il punto della situazione.
A mio modesto avviso – ti ricordo ancora una volta che non sono uno psicologo e neppure uno psicoterapeuta – non è solo colpa dei genitori se il bambino (o l’adolescente) ha una scarsa autostima.
A concorrere alla distruzione dell’autostima o, se preferisci a far crescere un bambino con una scarsa autostima, ci sono almeno tre variabili. Almeno, poiché in realtà sono molte di più.
Ma vediamo in ordine queste tre variabili:
Tutte e tre le variabili influiscono alla creazione di autostima nel bambino o alla sua distruzione. Ovviamente, la variabile più importante è proprio quella dei genitori. Ma anche le altre due, condizionano – nel bene o nel male – l’autostima del bambino prima e dell’adolescente dopo.
E, oserei affermare, dell’uomo poi.
Spero di averti fatto comprendere come la scarsa autostima nei bambini non sia totalmente colpa dei genitori ma come, quest’ultimi, abbiano una grande responsabilità.
Se sei una mamma o un papà come me, auspico che i miei consigli possano esserti di aiuto per guidare tuo figlio o tua figlia verso una crescita dell’autostima. Sii una mamma o un papà responsabile.
Sii consapevole di quanto è importante il tuo comportamento e di quanto tu possa influenzare l’autostima dei tuoi figli.
Lasciami un commento al post, oppure scrivimi in privato a info@giancarlofornei.com e fammi sapere come la pensi.
Giancarlo Fornei
Autore di “Pensiero Positivo per Bambini”, un piccolo trattato di coaching per aiutarti a far crescere il tuo bambino con una forte e sana autostima. Lo trovi su Amazon, a questo link (la versione cartacea), oppure a quest’altro link (l’ebook). Laddove invece vuoi acquistarlo su Il Giardino dei Libri, eccoti il link (solo ebook).
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Toscano, nato a Carrara 60 anni fa. Ex marketer dei servizi, dal 1999 si occupa esclusivamente di crescita personale. In particolar modo, da oltre quattordici anni, “lavora” con le donne.
Le aiuta a VINCERE. Nella vita. Nel lavoro. Nello sport.
Conosciuto in rete come “Il Coach delle Donne” proprio per la sua grande esperienza di lavoro con l’Universo Femminile. In particolar modo, aiuta le donne in crisi di autostima, le imprenditrici nel beauty e hair care e le atlete agoniste.
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Scarsa autostima: colpa dei genitori?
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